Riflessioni sul significato di relazione

Con poche righe voglio lanciare una riflessione, o provocazione secondo chi la legge, sulla relazione uomo cane nelle sfaccettature che più si avvicinano alla professionalità. Sono sempre rimasto affascinato nel vedere le performance dei cani nei vari settori d’applicazione, da quelli impiegati per utilità sociali a quelli che si confrontano in manifestazioni agonistiche. Per lungo tempo ho identificato la professionalità dei conduttori con il risultato dei soggetti da loro preparati, poi mi è venuto un dubbio. Basta quello che vedo o è necessario che conosca anche come si ottiene il risultato per fare una valutazione? Voglio dire, sto osservando un confronto tra macchine, dove basta mettere a punto i motori, o quello che vedo deve essere il frutto del rispetto, comprensione e conoscenza del “mezzo” che sto “usando”. Per anni siamo stati indirizzati sul concetto di addestramento, inteso come il condizionare l’altro a fare delle cose e non certo nel senso di dare “destro”/abilità. Oggi la situazione è parzialmente cambiata, la tendenza è quella di qualificare l’”addestramento” come gentile. Ma stiamo cambiando le forme, il modo con cui condizioniamo, o il cambiamento è verso la considerazione dell’altro, non come soggetto da compatire, proteggere, non trattare male, ma da capire, conoscere e rispettare? La riflessione o provocazione che voglio esprimere è proprio questa: quanti professionisti, addetti ai lavori a tutti i livelli, oltre all’amore dichiarato e anche troppo propagandato, conoscono nel profondo l’animale con cui lavorano? Inoltre, anche chi ha le competenze perché proveniente da percorsi di studio affini, quanto sono disposti a non cedere alle lusinghe di una più facile e falsa risoluzione del problema? In altre parole perché anche chi si forma secondo dettami precisi poi è disposto a tornare al tradizionale fintamente culturale? Come qualcuno scrisse “Una modifica culturale è rivoluzionaria perché deve combattere contro la paura del cambiamento, contro la paura di essere giudicati, contro la paura di non essere capiti”.

Scegliere la Zooantropologia e l’approccio cognitivo è un impegno culturale che indica oltre il rispetto per l’altro un modo diverso di viverci insieme.